MA QUI NON SI SENTE NULLA Performace da camera da trenta minuti contro la cultura della
guerra
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COPIONE DELLA PERFORMANCE PRELUDIO(Bertolt Brecht, La guerra che verrà) BELLICISTA La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell'ultima c'erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente.
LAUDA DEI COSTRUTTORI(Carlo D’Addato, da Il mito di fondazione) COSTRUTTORE 1 Siamo noi che abbiamo disboscato le foreste di tutta questa valle. COSTRUTTORE 2 Abbiamo incendiato le siepi, gli arbusti e le sterpaglie che restavano sotto, insolenti a contendersi con noi il sole e la pioggia. COSTRUTTORE 3 Abbiamo stanato da sotto terra le talpe e topi.
COSTRUTTORE 4 Abbiamo gridato i nostri canti tribali, che ci siamo inventati nei giorni di tempesta, verso oriente, per rompere l'aria vergine e dura di ventiquattro secoli di silenzio. COSTRUTTORE 5 Abbiamo dissodato il terreno pietroso e riempito i nuovi campi delle sementi dei nostri avi.
COSTRUTTORE 2 Abbiamo coltivato il mais, lo abbiamo raccolto, macinato, mangiato e abbiamo grattato per notti intere le piaghe squamose della pellagra dalle gambe dei nostri figli. COSTRUTTORE 1 Abbiamo applicato i microprocessori sulle punte delle nostre spade, perché‚ potessero capire da sole se il sangue che versavamo fosse acqua o petrolio.
TUTTI Abbiamo fabbricato armi così potenti da poter vincere tutte le guerre, ma nemmeno uno strumento veramente capace di prevenirle. LA PULSIONE VERSO LA GUERRA(Carlo D’Addato, da In certe righe di petali) BELLICISTA Ecco, fratelli, la bandiera per la quale abbiamo combattuto. La sua stoffa colorata foggia una coperta che non ripara ma, al contrario, ti espone al pericolo. Essa danza davanti a noi come un’idea, come il ritmo di una musica marziale, come l’onore di portare una spada, come gli onori del mondo al ritorno a casa. La gloria luccica nei nostri occhi di guerrieri, la furia ci scaglia a occhi chiusi contro l’odiato nemico. Questo intendiamo quando ostentiamo il sogno del dovere verso la patria o verso dio.
Ma queste sono solo cose dentro di noi, oppure intorno a noi. Altro è, invece, il potere alle nostre spalle, l’onnipotenza di chi dispone la meccanica della battaglia come la nudità della vita stessa. L’albero nella via crebbe e le sue radici affiorarono al suolo a poco a poco, incrinando il selciato e impedendo il cammino dei carri. Ma l’albero non sapeva nulla di quella strada, sentiva solo la linfa vibrare in ogni sua cellula. Nossignori, non sapeva nulla di quella strada come noi non sapevamo nulla di questa guerra, nemmeno che essa conduce verso un campo di croci.
O GORIZIA TU SEI MALEDETTA(Canzone popolare - anno 1916) La mattina del 5 di agosto si muovevano le truppe italiane per Gorizia le terre lontane e dolente ognun si partì. Sotto l’acqua che cadeva al rovescio grandinavano le palle nemiche su quei monti, colline e gran valli si moriva dicendo così: “O Gorizia tu sei maledetta per ogni cuore che sente coscienza! Dolorosa ci fu la partenza e ritorno per molti non fu. O vigliacchi che voi ve ne state con le mogli sui letti di lana, schernitori di noi carne umana, questa guerra c’insegna a punir. Voi chiamate il campo d’onore questa terra al di là dei confini. Qui si muore gridando assassini, maledetti sarete un dì. Cara moglie che tu non mi senti, raccomando ai compagni vicini di tenermi da conto i bambini che io muoio col suo nome nel cuor. O Gorizia tu sei maledetta per ogni cuore che sente coscienza! Dolorosa ci fu la partenza e ritorno per tutti non fu.
INTERLUDIO(David Maria Turoldo, E poi sulla terra intera) BELLICISTA E poi sulla terra intera a innalzare monumenti "Ai caduti", così felici di essere caduti! Ma provate a fissare quei corpi squarciati, a fissare la loro smorfia ultima sulle facce frantumate, e quegli occhi che vi guardano. Provate a udire nella notte l'infinito e silenzioso urlo degli ossari: "Uccideteci ancora e sia finita"! IL LAMENTO DI ANTIGONE(Carlo D’Addato, da In certe righe di petali) NARRATRICE Un decreto del re aveva vietato la sepoltura del soldato traditore, del fratello la cui spada aveva ucciso l’altro fratello. Ma Antigone trasgredì la legge e fu, per questo, duramente punita. ANTIGONE La battaglia infuriava nella piana deserta e io vedevo da lontano il fumo impazzito spandersi in tutte le direzioni. Bruciavo incenso e tessevo sudari di stoffa colorata, ma non per riparare dal freddo i corpi degli uomini, solamente per vestire i cadaveri dei soldati che soccombevano ai morsi velenosi delle spade, alla grandine crudele delle lance.
DONNA 1 Sorella, qualcuno ha veduto i tuoi due fratelli lasciare le loro case, le donne, le greggi e partire. DONNA 2 Sorella, qualcuno ha veduto i tuoi fratelli vestire divise di eserciti opposti.
DONNA 3 Sorella, qualcuno ha veduto i tuoi fratelli battersi da eroi. DONNA 4 Sorella, qualcuno ha veduto i tuoi fratelli incontrarsi. Forse, ciechi anch’essi della stessa innaturale cecità del vostro padre, si sono ora schierati. DONNA 5 Sorella, qualcuno ha veduto i tuoi fratelli levare la spada. DONNA 6 Sorella, qualcuno ha veduto i tuoi fratelli affondare la spada. ANTIGONE La battaglia infuriava nella piana deserta, l’incenso ammorbava ormai l’aria del gineceo e le mie mani non potevano più tessere per il troppo tremore. DONNE Sorella, non ti fermare, tessi e cuci in fretta i tuoi sudari. Due soldati si sono trafitti come lepri sul ferro, l’uno con l’altro. RE Io decreto che all’uno, che offerse il sacrificio di se in difesa del diritto della nostra città, siano accordati funerali solenni, il sudario con i colori della bandiera e il marmo scolpito. Io vieto parimenti che all’altro, che attaccò la città con le orde degli ingiusti, sia data sepoltura. ANTIGONE Questa, sorelle, è la legge degli uomini e il loro modo di agire è sempre conforme a essa. Ma come possiamo noi donne, dal cui ventre essi furono generati – sovrani, soldati, eroi e traditori – dimenticare il diritto degli uomini a essere umani?
Andate dunque sul campo di battaglia a cospargere polvere di sepoltura sui corpi di coloro che non concepirono altra gloria che nell’abbraccio della morte. Non fermate le lacrime per pudore del pianto come rugiada sul viso nei giorni d’autunno ma erompano libere dalla sorgente degli occhi nell’affanno per chi non più vi sta accanto. Guardate quei volti, quei corpi accasciati cui la prodiga falce donò il sonno eterno in fondo non parevano così da bambini quando stanchi di giochi dormivan beati? Carezzate i capelli, stringeteli al petto baciateli adesso senza mostrare vergogna che ancora son figli, fratelli, amanti o amici pur se una morte anzitempo volle fargli dispetto Lavate con cura quelle guance infossate il lor sangue impedite che sia festa alle mosche chiudete le palpebre, sciogliete le dita perché più non rimanga dei pugni la stretta Una legge degli uomini Valorosi li chiama un’altra li ingiuria da pavidi o traditori non questo discerne chi fu ventre e poi seno: sgomento e pietà son per noi sola brama Ma voi abbiate memoria prima di andare via di spargere almeno una manciata di terra anche su quelli che sbagliando Paese non meritarono degna sepoltura…
IL SACRIFICIO PER GLI IDEALI(Carlo D’Addato, da In certe righe di petali) BELLICISTA Ecco, fratelli, la bandiera per la quale abbiamo combattuto. La sua stoffa colorata è la coperta che mette tutti i suoi figli al riparo, unendoli nel tepore intimo dell’idea comune. Uomini, donne, giovani e anziani si purificano in essa dal proprio genere e generazione, diventando tutti uguali. Poveri, ricchi, deboli, forti, tutti della stessa classe e della stessa fisionomia. L’idea comune ci univa e grazie a essa il mondo sarebbe presto diventato un nuovo paradiso terrestre. E noi credevamo, abbastanza per partire con il sorriso sulle labbra e chiamare senza alcuna incertezza “amico” o “nemico” tutti coloro che incontravamo. Cosa sarebbe la storia umana senza le sacre aspirazioni a un mondo migliore? Tutti noi saremmo simili alle bestie, con le sole ragioni di vita nel nutrirci e riprodurci. L’idea comune e la sua bandiera sono il riscatto dalla miseria della nostra condizione. E noi credevamo, abbastanza per affrontare gli stenti e l’orrore della guerra, per risolvere nei nostri corpi feriti il tragico paradosso di morire per vivere davvero. ECO DI BOATI(Carlo D’Addato, da Cenere sulla pietra) NARRATRICE Oggi ho visto la Terra Dolente intenta a cucirsi paziente le lacerazioni, riflessa nello sguardo fiducioso dei criminali che giudicano la guarigione della guerra vinta al pari della sanità della pace e ho avuto paura. Perché i recinti degli illusi sono sempre spalancati e la loro memoria non trattiene nessuna delle colpe irreparabili dell’altrui devastazione. LA SICURMERA Certe volte mi chiedo che diavolo sarà venuto loro in mente di combinare un baccano del genere. Succede sempre così: uno comincia a litigare con il suo vicino per una stupidaggine. Poi, se non ci si riesce a controllare, finisce che diventa un caso che interessa tutto il quartiere e la cosa va avanti per settimane, mesi, anni. Arriva all’intera città, per tutta la regione... È così che scoppiano le guerre. Certo, poi ci sono gli interessi, la politica, ma in principio... Guardate anche l’altra volta, non questa: sempre lì è successo. L’ho detto sempre io: non bisogna lasciare che le cose degenerino a quella maniera, bisogna intervenire subito. LA MISTICA Basta con questa violenza! Le mie palpebre sono sfinite, a forza di chiudersi di fronte a tutto l’orrore, e gli occhi sotto di esse invocano un po’ di luce. A un certo punto anche la tempesta deve pur finire. Finalmente ci sarà di nuovo il sereno, le foglie strappate dal vento potranno ricrescere sui rami, e gli uomini e le donne si dovranno preparare al mondo nuovo. E, se avranno la fortuna di poterlo davvero cercare, non lo troveranno allora in nessun altro posto che non in se stessi. È questo, ciò di cui dobbiamo convincerli. La fame e la miseria non potranno più nulla contro la pace interiore e nessuna forza, per quanto potente, potrà piegare quelle mani rivolte verso il sereno. L’APPRENSIVA Bisogna camminare e le scarpe hanno tutte le suole logore o sono lacerate. Bisogna mangiare e il pane costa più di quanto la maggioranza delle famiglie possiede. Bisogna ripararsi dal freddo e dal caldo, ma non è rimasto più nulla da bruciare o da vestirsi. Bisogna fuggire lontano, ma a nessuno è rimasto nulla su cui caricare almeno le cose più care. Bisogna seppellire i morti, ma non c’è più legna per le bare e anche i mobili di casa sono finiti da tempo. Come faranno? Non lo capisco. Lo chiedo in continuazione a tutti quelli che incontro, ma non ho risposte. Forse non lo sa nessuno o forse si vergognano a dirmelo, perché la loro coscienza è sincronizzata su movimenti a noi sconosciuti e il loro vivere è contro la morale. La nostra morale. L’AGGRESSIVA Avete mai visto la Terra Dolente? Le sue macerie bagnate dopo una settimana di pioggia? Avete mai visto gli ospedali? Là si possono trovare i corpi mutilati: vecchie, vecchi, donne, uomini, bambini: un braccio, una spalla, metà mandibola, gli occhi. Loro sono l’eco del boato di un’esplosione che non può finire e che vaga fastidioso dappertutto. L’eco di un boato che cresce e si sviluppa con il ritmo impaziente di un bambino, senza fermarsi mai. Anche adesso, ascoltate! Ecco sì... No, qui non si sente nulla, siamo abbastanza al sicuro. I nostri bimbi non corrono pericolo. Qui non si sente e non si vede. LAMENTO DEL SOLDATO MORTO(Carlo D’Addato, da In certe righe di petali) BELLICISTA Provate a udire nella notte l'infinito e silenzioso urlo degli ossari. SOLDATO MORTO Io pure sarei voluto intervenire in una simile contesa. Il gomitolo della vita dipana per ognuno di noi, rotolando felice lungo il declivio del tempo, assai più incertezze che persuasioni. E io pure vorrei condividere con loro i dubbi e i piaceri dell’esistenza degli uomini. Ma dal mondo al di là nel quale mi trovo mai più mi riuscì di nutrire speranze. Una morte spietata recise il mio filo, brandendo la lama di un soldato nemico e lasciando che spettro vagassi a guardare le vicende di quelli che ancor piangono e ridono. Se i signori della guerra potessero conoscere l’invidia nerastra verso tutto che si prova da qui, assai difficilmente troverebbero la voce per ordinare gli attacchi sui campi di battaglia. E se pure costoro, accecati dall’odio o dalla brama, non sapessero rinunciare all’irreparabile sconfitta della violenza, tutti gli altri li fermerebbero prima che il sangue inizi a sgorgare per dissetare la sete perversa della carogna con la falce. Ma purtroppo la mia voce senza più fiato non è capace di far vibrare i timpani nelle orecchie di quelli che dovrebbero ascoltare. E allora, continuerà sempre così? UOMO DEL MIO TEMPO(Salvatore Quasimodo, Uomo del mio tempo) LA PREFICA Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, - t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno quando il fratello disse all'altro fratello: "Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore. EPILOGO(Carlo D’Addato, da Cenere sulla pietra) LA MISTICA È vero, la Terra Dolente è uno spazio simile a tutti gli altri. Passeggeremo ancora per quelle strade, restituendo loro, con i nostri passi, le suppellettili spezzate da una lunga notte. L’AGGRESSIVA Non è vero, la Terra Dolente è uno spazio della coscienza diverso da tutti gli altri. Un luogo lontano, ma che appartiene a ognuno di noi: l’impronta incancellabile della nostra devastazione. |
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